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MANIFESTO


“un unico desiderio non ce lo neghiamo, ma lo esprimiamo come il soffio su un dente di leone”.

Non ignoriamo la velleità d’ogni rivista – di più: d’ogni parola. Il fatto è che ciascuno di noi si è chiesto, con il poeta, “chi sono io per esser / meno velleitario di Dio?”, e non gli è sembrato vero di poter offrire alla propria vanità il pretesto di un’insulsaggine tanto leziosa (quanto al poeta, non datevi briga di cercarlo, è pubblicato solo in selenardo).

La dichiarazione di intenti che d’abitudine affratella nell’orgoglio e nel candore chi dà l’avvio a simili iniziative, noi la faremo a modo nostro, cioè sprovvisti di intenti: non siamo velleitari al punto da scivolare nel ridicolo delle promesse e degli scopi. Diremo piuttosto quel poco che è scampato quasi illeso ai colpi delle nostre discussioni senza costrutto, purché non vi si presti troppa fede.

Le sole realtà possibili dimorano nell’immaginario. Non è questo uno slancio lirico, né un’ipotesi filosofica, ma l’ultima stella visibile per una condotta. Che la “realtà” non esista è storia vecchia, il nuovo ci sembra oggi che sia anche negata una rappresentazione che si presti a farne da sintesi appena decorosa e credibile. Non c’è rappresentazione che non possa essere messa in berlina e subito accantonata in favore di un’altra, spesso più guasta e allucinata da argomenti più deboli. La veste scartata, beninteso, viene solo riposta nel retromagazzino, essa può sempre, alla bisogna, tornare a far minaccia dalla vetrina; e così all’infinito. La fantasmagoria di simulacri che ne deriva, s’ostinino altri a chiamare “realtà”.

Più oneste e meglio munite realtà campeggiano nei territori della finzione, coi loro sistemi fasulli, ma schietti: esse non hanno bisogno di dissimulare la violenza di dogmi e intenzioni dietro la maschera della coerenza, della ragione o dei numeri, per prevalere le une sulle altre. Se qualcuna pure finisce per emergere, non pretende che il successo discenda dalle sue più salde motivazioni, ma dai suoi migliori incantamenti, dalle sue più umane stranezze o, infine, dal caso, giudice assai meno iniquo di quanto si creda.

Non ci si aspetti, però, persi solo dietro alle chimere. Dell’accumulo informe spacciato per realtà terremo e daremo conto, per non inciamparci, come chi cadde nel pozzo. Se ne parleremo per figura, per burla o per caricatura, sarà solo per tentarla a liberarsi dalla camicia di forza dell’attualità e a diventare dei nostri. Avverrà, qualche volta, di sentirci parlare da qui della “realtà” persino con dispetto: debolezza cui ci capita di indulgere, come l’ubriaco sa di far gioco ai suoi demoni torbidi mentre chiede, ancora, un bicchiere.

Finiremo col dire che non ci figuriamo lettori ideali, anzi non presumiamo alcun lettore: consideriamo l’eventualità di essere letti da qualcuno solo un gradito incidente di percorso. “Ma allora cosa? per chi? o almeno, perché?”, ci siamo chiesti in un minuto di sconcerto. Ci è presto tornato chiaro che i perché sono fuori questione.

E tuttavia, un unico desiderio non ce lo neghiamo, ma lo esprimiamo come il soffio su un dente di leone. Il nostro solo auspicio è questo: quando la luna compirà le sue giostre attorno a un ammasso deformato e grigio, che la vista di un nostro foglio rapito da un mulinello di vento possa recare un istante di conforto al suo giro solitario. E accenda ancora le sue fantasticherie.

CHI SIAMO


SUPERLUNARIA.
RIVISTA IMMAGINARIA

REGISTRAZIONE PRESSO IL TRIBUNALE DI NAPOLI

N. 6 del 27/02/2024

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